Articolo di Francesco Dagnino e Giovanni Piscopo (www.lexia.it)
Premessa
Il termine crowdfunding (letteralmente “finanziamento della folla”) indica un particolare modello di business in cui gli investitori contribuiscono direttamente a finanziare un determinato progetto imprenditoriale.
Nel corso degli ultimi anni, tale modello è stato via via sempre più utilizzato per finanziare le attività commerciali più disparate fino a diventare una delle principali forme di finanza – alternativa rispetto agli ordinari istituti di credito – per le start up e le piccole e medie imprese.
Nello specifico, il crowdfunding rappresenta un tipo di intermediazione in cui il fornitore dei relativi servizi, senza assumere alcun rischio per conto proprio, gestisce una piattaforma digitale aperta al pubblico per realizzare o facilitare l’abbinamento tra potenziali investitori/finanziatori e le imprese alla ricerca di capitali; può essere infatti paragonato ad una sorta di borsa valori semplificata che agevola l’incontro tra domanda (il progetto proposto) ed offerta (il finanziamento che gli investitori sono disposti ad effettuare).
Il processo coinvolge principalmente tre tipologie di soggetti: (i) il titolare del progetto da finanziare, (ii) il titolare della piattaforma ovvero il fornitore dei servizi di crowdfunding e (iii) gli investitori che finanziano il progetto presente sulla piattaforma. Questi ultimi, in particolare, accedono alla piattaforma, visualizzano le proposte pubblicate, le valutano attentamente ed infine scelgono quale tra queste finanziare. Una volta eseguito il trasferimento del denaro, ricevono in cambio, tra l’altro, una partecipazione nella società finanziata (c.d. equity crowdfunding), obbligazioni o strumenti finanziari di debito emessi da una PMI (c.d. debt crowdfunding) ovvero la restituzione ad una determinata scadenza del finanziamento effettuato maggiorato di un tasso di interesse stabilito ex ante (c.d. lending crowdfunding).
La piattaforma è il luogo virtuale in cui le iniziative imprenditoriali riescono a raggiungere i potenziali investitori e dove, di conseguenza, sono sottoposte al vaglio di questi ultimi. Oltre che una forma di “finanza alternativa”, pertanto, il crowdfunding prefigura una forma di validazione dell’idea imprenditoriale, nella misura in cui consente al titolare del progetto di entrare in contatto con un vasto numero di soggetti che avranno la possibilità di apprezzare la sua idea così come criticarla.
Il quadro normativo italiano
Con l’adozione del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (il “Decreto Crescita”), l’Italia era stato il primo paese dell’Unione Europea a dotarsi di una specifica disciplina per il crowdfunding, nelle sue varianti equity-based e debt-based.
Il Decreto Crescita prevedeva, in particolare, la possibilità che le quote di partecipazione in start-up innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata potessero costituire oggetto di offerta al pubblico, anche attraverso portali di crowdfunding per la raccolta di capitali.
Lo stesso Decreto Crescita, inoltre, ha modificato alcune disposizioni del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (il “TUF”). In particolare, sono stati introdotti:
- le definizioni di “portale per la raccolta di capitali per le start-up innovative”, nonché di “start-up innovativa”;
- l’art. 50-quinquies relativo alla gestione dei portali di crowdfunding; e
- l’art. 100-ter che disciplina le modalità di svolgimento delle offerte al pubblico condotte attraverso portali di crowdfunding.
In seguito, il d.l. 24 gennaio 2015, n. 3 (il “Decreto Investment Compact”) ha esteso l’ambito di applicazione della normativa sul crowdfunding all’offerta di quote di PMI innovative, nonché all’offerta di quote veicoli di investimento specializzati (OICR, venture capital, ecc.) la cui attività prevalente sia rappresentata da investimenti in start-up innovative o PMI innovative.
Successivamente, la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (la “Legge di Bilancio 2017”) ed il d.l. 24 aprile 2017, n. 50 hanno ulteriormente allargato l’ambito di operatività del crowdfunding anche alle PMI che non soddisfano il requisito dell’ “innovatività”.
Da ultimo, Il legislatore italiano è intervenuto con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), che ha esteso ulteriormente l’ambito di applicazione della normativa sul crowdfunding alle offerte di obbligazioni o altri titoli di debito emessi dalle PMI.
Per quanto riguarda la normativa secondaria, il crowdfunding è disciplinato dal regolamento sulla raccolta di capitali tramite portali on-line, adottato da Consob con delibera 18592 del 26 giugno 2013 (il “Regolamento Crowdfunding”), che disciplina l’attività dei gestori di portali di crowdfunding, con particolare riferimento:
- all’istituzione ed alla tenuta di un registro dei soggetti che esercitano “professionalmente il servizio di gestione di portali per la raccolta di capitali per le PMI e per le imprese sociali”;
- alle regole di condotta che devono essere osservate dai gestori dei portali di crowdfunding;
- ai provvedimenti sanzionatori e cautelari in caso di inosservanza delle relative disposizioni, nonché
- allo svolgimento dell’offerta al pubblico tramite portali on-line.
Tuttavia, se in ambito nazionale il quadro legislativo e regolamentare appariva essere sufficientemente strutturato e adeguato rispetto alle caratteristiche del mercato interno e degli investitori, in ambito europeo mancava una disciplina armonizzata; per converso, le differenze tra le varie legislazioni domestiche erano tali da ostacolare la prestazione transfrontaliera dei servizi di crowdfunding, nonché da disincentivare gli investitori ad effettuare investimenti oltre i confini nazionali.
Proprio per tale motivo, i servizi di crowdfunding erano rimasti sostanzialmente confinati al livello domestico, a scapito della creazione di un mercato comunitario unico, che avrebbe potuto offrire importanti opportunità di crescita alle imprese, ed in particolare a quelle operanti in mercati nazionali di più modeste dimensioni.
I regolamento comunitario relativo ai fornitori di servizi di crowdfunding
L’ambito di applicazione
Al fine di promuovere e armonizzare l’accesso ai servizi di crowdfunding nel mercato comunitario, il 20 ottobre 2020 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il regolamento (UE) 2020/1503, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese (il “Regolamento ECSP”), che è entrato in vigore lo scorso 10 novembre 2021.
Il Regolamento ECPS consente ai titolari di progetti diversi dai consumatori di rivolgersi ad investitori (anche) di altri paesi dell’Unione Europea, attraverso portali autorizzati a livello transfrontaliero, e raccogliere fino ad un importo pari ad Euro cinque milioni nella forma di capitale di rischio, titoli di debito, obbligazioni oppure in forma di prestito. Tale importo rappresenta la soglia utilizzata dalla maggior parte degli Stati membri per esentare le offerte al pubblico di titoli dall’obbligo di pubblicazione del prospetto di cui al regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. Regolamento Prospetto). Concorrono in particolare al raggiungimento del suindicato importo (i) le somme raccolte nel periodo di riferimento attraverso piattaforme, sia tramite l’emissione di valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding sia tramite prestiti e (ii) il corrispettivo totale delle offerte al pubblico di valori mobiliari effettuate dal titolare del progetto, non nel contesto di una piattaforma di crowdfunding, ed in regime di esenzione dall’obbligo di pubblicazione di un prospetto ai sensi del Regolamento Prospetto perché “sotto-soglia” (ovvero di ammontare inferiore a cinque milioni di euro).
Il Regolamento ECSP disciplina, dunque, oltre ai portali equity crowdfunding e di debt crowdfunding tralasciando, anche i portali di lending crowdfunding, ovverosia quei portali che consentono agli investitori di concedere prestiti ai titolari dei progetti. Sembrerebbero comunque esclusi dall’ambito di applicazione del Regolamento ECPS le piattaforme che svolgono attività di facilitazione della compravendita di crediti (c.d. invoice trading platform), posto che il medesimo Regolamento disciplina esclusivamente l’intermediazione di finanziamenti diretti dall’investitore all’impresa promotrice del progetto da finanziare.
È interessante notare che il Regolamento ECPS consente ai titolari di piattaforme di lending crowdfunding la prestazione del servizio di gestione individuale di portafogli di prestiti, a condizione che vengano adeguatamente individuati i parametri per la prestazione di tale servizio. L’allocazione delle risorse del cliente, seppur caratterizzata da una certa discrezionalità, deve necessariamente avvenire in conformità alle istruzioni dell’investitore.
Per quanto riguarda la tipologia di investitori, il Regolamento ECPS non prevede particolari limitazioni, essendo i servizi di crowdfunding rivolti genericamente al pubblico. Resta in ogni caso salva la possibilità per le piattaforme di non rivolgersi ad un pubblico indistinto, bensì a specifiche categorie di soggetti (i.e. investitori professionali e/o high net worth individuals), così come riservare alcune attività ad una singola categoria di investitori specificamente individuata.
I requisiti dei fornitori di servizi di crowdfunding
Se per i titolari dei progetti e gli investitori non sono previste particolari restrizioni, lo stesso non può dirsi per i gestori delle piattaforme di crowdfunding. Il Regolamento ECPS prevede, infatti, un obbligo di preventiva autorizzazione, nonché stringenti regole in relazione ai requisiti organizzativi ed operativi che i fornitori di servizi di crowdfundingsaranno tenuti a rispettare.
In particolare, sono previsti presidi, inter alia, in materia di corporate governance, gestione del rischio, sana e prudente gestione, conflitto di interessi e svolgimento di adeguate attività di due diligence in relazione ai titolari dei progetti presenti sulla piattaforma. Con particolare riferimento ai conflitti di interessi, il Regolamento ECPS prevede che enti strettamente collegati ai fornitori di servizi di crowdfunding non possono essere titolari di progetti promossi su piattaforme agli stessi riferibili, a meno che non sia assicurata la parità di trattamento tra gli investitori ed il rispetto di determinati obblighi di disclosure; inoltre, i fornitori di servizi di crowdfunding non possono aderire alle offerte presenti sulle loro piattaforme.
Il Regolamento ECPS prevede poi la possibilità per i fornitori di servizi di crowdfunding di prestare, con riferimento ai valori mobiliari o strumenti ammessi ai fini del crowdfunding che possono essere registrati su un apposito conto dell’investitore o consegnati materialmente ad un depositario, i tipici servizi di custodia, purché l’intermediario sia in possesso delle autorizzazioni di cui alla direttiva 2013/36/UE ovvero alla direttiva 2014/65/UE.
Parimenti, sono dettate disposizioni specifiche in relazione alla possibilità per i fornitori di servizi di crowdfunding di prestare determinati servizi di pagamento, fermo restando che l’autorizzazione a fornire servizi di crowdfunding non equivale ad un’autorizzazione a fornire anche servizi di pagamento, per i quali, come noto, è necessaria una specifica autorizzazione ai sensi della direttiva (UE) 2015/2366 (la “PSD II”).
E’, infine, previsto l’obbligo per i fornitori di servizi di crowdfunding di dotarsi di presidi prudenziali almeno pari all’importo più elevato tra Euro venticinque mila ed un quarto delle spese fisse registrate durante l’esercizio precedente (fondi propri, una polizza assicurativa che copra i territori dell’UE in cui le offerte di crowdfunding sono attivamente commercializzate o una garanzia comparabili ovvero una combinazione tra i predetti presidi).
Autorizzazione e prestazione transfrontaliera di servizi di crowdfunding: il passaporto comunitario
La prestazione dei servizi di crowdfunding è subordinata al rilascio di un’apposita autorizzazione da parte dell’autorità nazionale competente ai sensi del Regolamento ECPS. In Italia, l’autorità competente per il segmento equity e debt del crowdfunding è la CONSOB (sul cui sito è presente l’elenco dei gestori autorizzati); mentre, per quanto riguarda il lending-based crowdfunding, non è stata ancora emanata la regolamentazione secondaria di attuazione.
L’istanza di autorizzazione deve contenere le informazioni previste dall’art. 12, par. 2, del Regolamento ECPS e può essere presentata da persone giuridiche residenti nel territorio dell’Unione Europea.
Entro venticinque giorni lavorativi dal ricevimento della predetta domanda di autorizzazione, l’autorità competente ne valuterà la completezza e, ove la domanda risulti incompleta, potrà chiedere chiarimenti e integrazioni. Successivamente, e comunque non oltre tre mesi dal ricevimento di una domanda completa in tutti i suoi punti, l’autorità competente si esprimerà sulla stessa, adottando una decisione motivata riguardo l’eventuale rilascio al soggetto richiedente dell’autorizzazione come fornitore dei servizi di crowdfunding.
La novità di maggior rilievo del Regolamento ECPS consiste indubbiamente nell’introduzione del c.d. passaporto europeo per i fornitori di servizi di crowdfunding, che consente ai fornitori autorizzati in uno stato membro di prestare servizi di crowdfunding negli altri stati membri, previa notifica di determinate informazioni all’autorità competente nello stato membro di origine, che funge da punto di contatto unico.
La procedura ricorda – seppur con le dovute differenze – le procedure di passporting previste per la prestazione di attività e servizi d’investimento o bancari in uno Stato membro diverso da quello che ha rilasciato l’originaria autorizzazione.
Il Regolamento ECPS ha previsto, infine, una disciplina transitoria per il coordinamento con le normative domestiche in materia di crowdfunding. In particolare, i prestatori di servizi di crowdfunding già autorizzati ai sensi della legislazione domestica di uno Stato membro potranno continuare la propria attività fino al 10 novembre 2022, fatto salvo in ogni caso il rilascio di una specifica autorizzazione ai sensi dell’art. 12 del Regolamento ECPS anteriore alla predetta data. Per i titolari di piattaforme di crowdfunding che non abbiano ottenuto entro il 10 novembre 2022 un’autorizzazione ai sensi del Regolamento ECPS è infatti precluso pubblicare, successivamente a tale data, nuove offerte di crowdfunding. Ciononostante, la gestione dei contratti in essere, ivi inclusa la raccolta e il trasferimento dei crediti, la messa a disposizione di servizi di custodia delle attività o lo svolgimento di operazioni societarie, può continuare in conformità del diritto nazionale applicabile, anche successivamente al 10 novembre 2022.
È tuttavia ammessa la possibilità per gli Stati membri, durante tutto il periodo di transizione, di prevedere procedure di autorizzazione semplificate per i soggetti già autorizzati ai sensi della disciplina nazionale applicabile, sempreché tali procedure soddisfino i requisiti di cui al predetto articolo 12 del Regolamento ECPS.
Presidi per gli investitori
Il Regolamento ECPS contiene un’articolata disciplina volta alla protezione degli investitori.
In primo luogo, si ricorda che i prestatori di servizi di crowdfunding devono fornire agli utenti informazioni corrette, chiare e non fuorvianti, nonché avvisarli che gli investimenti effettuati tramite piattaforme di crowdfunding non rientrano nel sistema di garanzia dei depositi istituito in conformità alla direttiva 2014/49/UE.
Specifiche cautele sono poi previste in favore dei c.d. “investitori non sofisticati”, la cui nozione di ricava in via residuale rispetto a quella di “investitore qualificato”, comprendente ogni persona fisica o giuridica che è un cliente professionale ai sensi dell’Allegato II, Sezione I, n. 1, 2, 3 o 4, della direttiva MiFID II ovvero ogni persona fisica o giuridica che ha l’approvazione del fornitore di servizi di crowdfunding conformemente ai criteri e secondo la procedura di cui all’Allegato II del Regolamento ECPS. In estrema sintesi, un investitore qualificato ai sensi del Regolamento ECPS è un soggetto consapevole dei rischi connessi all’investimento sul mercato dei capitali e che dispone di risorse adeguate ad assumersi tali rischi senza esporsi a eccessive conseguenze finanziarie.
Con riferimento agli “investitori non sofisticati”, i gestori di piattaforme di crowdfunding sono chiamati a svolgere una valutazione di “appropriatezza” del servizio prestato, che comprende un c.d. test d’ingresso, nonché una simulazione in merito alla capacità dell’investitore non sofisticato di sostenere le eventuali perdite – rivista ogni anno e calcolata in misura pari al 10% del patrimonio netto personale – sulla base dei dati relativi a reddito, attività e impegni finanziari.
Nel caso in cui, inoltre, investitori non sofisticati aderiscano eventualmente ad un’offerta implicante un investimento per un ammontare superiore al valore più elevato tra Euro mille ed il cinque per cento del loro patrimonio netto, i fornitori dei servizi di crowdfunding dovranno porre in essere gli ulteriori adempimenti previsti dall’art. 21, par. 7, del Regolamento ECPS, con particolare riferimento (i) ad un’avvertenza sui rischi, (ii) all’acquisizione di un consenso esplicito da parte dell’investitore, nonché (iii) alla dimostrazione da parte dell’investitore al fornitore di essere consapevoli dell’investimento e dei relativi rischi.
Con specifico riferimento ai prestatori di servizi di lending crowdfunding, questi sono tenuti altresì a pubblicare ogni anno i c.d. tassi di default dei progetti offerti sulla loro piattaforma nonché, entro quattro mesi dalla chiusura di ciascun esercizio, uno specifico rendiconto dei risultati.
Le offerte presenti sulle piattaforme sono irrevocabili dal momento della loro pubblicazione sulla piattaforma e fino alla precedente tra le seguenti date:
- la data di scadenza prestabilita dal titolare del progetto; ovvero
- la data in cui viene raggiunto l’obiettivo di finanziamento fissato o, in caso di obiettivo di finanziamento variabile, l’obiettivo di finanziamento massimo.
Il Regolamento ECPS prevede poi un peculiare diritto di ripensamento in favore degli investitori non sofisticati, che attribuisce a questi ultimi, per il periodo di quattro giorni di calendario successivi al momento in cui è stata effettuata l’offerta o la manifestazione di interesse, la possibilità di revocare in qualsiasi momento la loro offerta di investimento o la loro manifestazione di interesse per l’offerta di crowdfunding senza fornire alcuna motivazione e senza incorrere in alcuna penalità.
Merita, infine, di essere menzionato l’obbligo dei prestatori dei servizi di crowdfunding di fornire ai potenziali investitori una scheda dettagliata contenente le informazioni chiave sull’investimento (c.d. key investment information sheet). Tale documento, in particolare, deve essere redatto dal titolare del progetto per ogni offerta di crowdfunding, in almeno una delle lingue ufficiali dello Stato membro in cui l’autorità competente abbia concesso l’autorizzazione e contenere tutte le informazioni elencate nell’art. 23, par. 6, del Regolamento ECPS. I prestatori di servizi di crowdfunding che forniscono altresì la gestione individuale di portafogli di prestiti redigono altresì una scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento a livello di piattaforma che comprende invece tutte le informazioni contenute nell’art. 24, par. 1, del Regolamento ECPS.
0 commenti